In collaborazione Lo scrigno della musica In ricordo di
Massimo Paternicò
Ewa Leszczynska, soprano
Davide Fior, tenore
Lorenzo Tedone, basso
Accademia Musicale dell’Annunciata di Abbiategrasso
Enrico Groppo, violino principale e concertatore
Gruppo Vocale
Musica Laudantes di Milano
Roberto Ardigò, maestro del coro
Violini I
Enrico Groppo • Corneliu Babira
Debora Travaini • Elisa Francese
Violini II
Mina Jakovljevic • Dana Karimova
Giorgio Medici • Debora Dienstmann
Viole
Guido Palladio • Ian Psegodschi
Violoncelli
Annamaria Bernadette Cristian
Martin Pratissoli • Sebastian Pascu
Contrabbasso
Flavio Ceriotti
Organo
Matteo Riboldi
Seguono alcune immagini della serata.....
PRIMA PARTE
F.Schubert (1797 - 1828)
Messa in sol maggiore D 167 per soli, coro, archi e organo
I - Kyrie eleison
II - Gloria in excelsis Deo
III - Credo in unum Deum
IV - Sanctus
Benedictus
V - Agnus Dei
Antonio Vivaldi(1678 - 1741)
Sinfonia in si minore per archi RV 169 “Al Santo Sepolcro” I - Adagio molto
II - Allegro ma poco
SECONDA PARTE
Giovanni Battista Sammartini (1701-1775)
Gloria in excelsis Deo in re maggiore, per soli, coro, archi e
continuo
Gloria in excelsis Deo
Et in terra pax hominibus bonae voluntatis. (coro)
Laudamus Te, benedicimus Te, adoramus Te, glorificamus Te,
Gratias agimus tibi propter magnam gloriam tuam,(soprano)
Domine Deus, Rex coelestis, Deus Pater omnipotens. (basso)
Domine Fili Unigenite, Jesu Christe,
Domine Deus, Agnus Dei, Filius Patris: (coro)
Qui tollis peccata mundi miserere nobis;(soprano)
Qui tollis peccata mundi suscipe deprecationem nostram, (coro)
Qui sedes ad dexteram Patris miserere nobis.
Quoniam Tu solus Sanctus, Tu solus Dominus, Tu solus Altissimus, Jesu
Christe, (tenore)
Cum Sancto Spiritu in gloria Dei Patris.
Amen.
BIS W.A.Mozart Ave Verum
F.Schubert (1797 - 1828)
Messa in sol maggiore D 167 per soli, coro, archi e organo
I - Kyrie eleison
II - Gloria in excelsis Deo
III - Credo in unum Deum
IV - Sanctus - Benedictus
V - Agnus Dei
Franz Schubert era da poco diventato diciottenne quando scrisse
questa sua Messa in sol maggiore (catalogata col n. 167 dell’elenco
che Otto Deutsch compilò nel 1951 con tutte le composizioni del
giovane viennese). Le “fredde” notizie musicologiche ci informano
che del manoscritto non autografo sono conservate a Vienna, presso
la ben nota Società degli Amici della Musica, solo parti del primo
violino mentre a Malmö (in Svezia) si trovano conservate tutte le
altre parti. Sappiamo inoltre che nel 1846 qualcuno cercò di
appropriarsi della paternità di questo splendido lavoro, un tal
Robert Führer - di sicuro uno pseudonimo - che pubblicò la Messa a
Praga presso la tipografi a musicale Marco Berra. Che ci si trovi di
fronte ad uno dei lavori giovanili più amati ed eseguiti del giovane
Schubert lo si capisce anche dal fatto che il fratello maggiore
Ferdinand (su autorizzazione di Franz) moltiplicò l’originale
quartetto d’archi (ma composto da due violini, viola, contrabbasso)
aggiungendo la parte mancante per violoncello, due trombe e
percussioni. Ancora Ferdinand, e questa volta il 25 luglio del 1847,
aggiunse ancora strumenti all’organico, ossia due oboi e due
fagotti, e scrisse un lungo articolo contro il plagio di Führer,
rivendicando la paternità al fratello, tanto da indurre la nuova
proprietà della casa editrice Berra (la Josef Hoffmann Witwe) di
ripubblicare la partitura con l’esatta attribuzione.
Come si è detto Franz Schubert scrisse questo lavoro appena
diciottenne, quando - ottenuta la licenza di maestro elementare
presso lo Stadtkonvikt di Vienna - per evitare il servizio militare
accettò la proposta del padre di assumersi l’impegno di educare le
classi primarie del IX Distretto di Vienna, il Lichtenthal (oggi
divenuto Alsergrund, la popolata zona universitaria della capitale
austriaca), dove lo stesso genitore di Franz aveva ottenuto il
permesso di dirigere una scuola parifi cata a quelle imperiali.
Questo lavoro era l’orgoglio del vecchio Franz Theodor Schubert, un
lavoro per il quale aveva speso energie e denaro e nel quale
intravedeva anche la possibilità per i fi gli di potersi sistemare e
accasare. Non fu così per Schubert (spirito libero non solo dalle
convenzioni sociali ma anche in quelle affettive...) che invece
sentiva l’insegnamento come un impegno gravoso, poco appagante se
non addirittura detestabile. Trovava invece assai stimolante le (in
verità poche) commissioni parrocchiali del Lichtenthal, ovvero la
splendida chiesetta barocca “dei Santissimi 14 Protettori” (Zu den
Heiligen 14 Nothelfer, oggi anche “Schubertkirche”, la “Chiesa di
Schubert”) nella quale il compositore ha mosso i suoi primi passi
musicali come bambino sopranista nelle celebrazioni liturgiche e per
le quali aveva già composto una messa ed alcuni pezzi liturgici
brevi. Non se ne conosce esattamente la destinazione liturgica (la
presenza del Gloria, che non si recita in periodo
di Quaresima - e la Santa Pasqua il quel 1815 cadeva il 26 marzo -
ci fa pensare ad una domenica successiva la Festa della
Resurrezione) ma la semplicità della scrittura strumentale ci fa
capire che i musicisti erano dei volenterosi quanto esperti
dilettanti della parrocchia e che probabilmente la liturgia alla
quale era destinata era lontana dalla data della Pasqua. In questo
stesso anno Schubert scriverà per la Pfarrenkirche l’Offertorio in
la minore D 181 Tres sunt qui testimonium (10-11 aprile), il
Graduale in do maggiore D 184 Benedictus es, Domine (15 aprile) e
poi più nulla fino a novembre, quando Schubert scriverà la Messa in
si bemolle maggiore D324 (sì, nel frattempo aveva scritto ben 140
composizioni tra lieder, pezziper pianoforte, pezzi per coro, una
sinfonia - la n. 3 -, delle pagine per quartetto d’archi e ben due
opere liriche, più una terza che si stava completando
contemporaneamente la stesura di questa messa!) per quattro voci
soliste, coro e orchestra in previsione delle feste natalizie della
Parrocchia del Lichtenthal.
Antonio Vivaldi(1678 - 1741)
Sinfonia in si minore per archi RV 169 “Al Santo Sepolcro”
I - Adagio molto
II - Allegro ma poco
La Sinfonia “al Santo Sepolcro” di Antonio
Vivaldi (catalogo Ryom 169, musicologo danese di grande popolarità
presso gli esperti di musica barocca) è uno dei due lavori che
portano lo stesso titolo. La Sinfonia è scritta in tonalità di si
minore mentre la Sonata (R 130) è in mi bemolle maggiore. Entrambe
le partiture sono state scritte per due violini, viola e basso
continuo, ma col tempo è divenuta prassi eseguire la Sinfonia con un
ensemble più allargato, a discapito della chiarezza musicale voluta
da Vivaldi. Che cosa sono i “Sacri Sepolcri”? Sono delle cappelle
votive (costruite tra la fi ne del ‘400 fi no a tutto l’800) che
potevano trovarsi alla conclusione di una monumentale Via Crucis
oppure isolate ai crocicchi delle vie. Esse rifl ettono la
straordinaria cultura e profonda devozione popolare che vedevano sia
i contadini delle campagne che i pastori montanari soffermarsi e
pregare in queste “stazioni spirituali” - e sempre importanti punti
di riferimento - sperdute nella natura ai margini di paesi o piccoli
centri abitati. Questi (solo apparentemente) semplici monumenti
erano spesso dipinti da artisti considerati minori solo perché
appartenenti a scuole pittoriche non di primo piano, ma comunque con
autori di ottimo mestiere. Uno degli esempi più straordinari e
famosi di cappelle votive “organizzate” in percorso devozionale è il
Sacro Monte di Varallo. Fu il frate francescano Padre Bernardino
Caimi che nel 1481 pensò di costrure un “santo percorso” sopra
l’enorme parete rocciosa che sovrasta la cittadina di Varallo,
nell’intento di riproporre ai fedeli, che lì potevano recarsi in
pellegrinaggio in luogo dei posti originali in Palestina, i più
famosi luoghi della Terra Santa. Fu per questo motivo che il Sacro
Monte di Varallo fu chiamato “La Nuova Gerusalemme”, città che in
quegli anni era caduta in mano alle milizie turche. Grazie ai buoni
rapporti col vigevanese Ludovico il Moro, il francescano ottenne
tutte le autorizzazioni necessarie alla costruzione della Chiesa,
del Convento di Santa Maria delle Grazie e delle prime cappelle
votive: nel 1491 risultavano completate tre delle 43 che
costituiscono il percorso odierno, e una di queste era proprio Il
Santo Sepolcro, con il fenomenale complesso ligneo dei fratelli
Donati di Milano. Dobbiamo superare l’aureo periodo di San Carlo
Borromeo (che visitò in commossa devozione ben quattro volte il
Sacro Monte, soffermandosi più a lungo proprio nella cappella del
Santo Sepolcro) per giungere al 1728, quando fi nalmente la
quarantatreesima cappella (nel percorso devozionale è la n. 24, Gesù
davanti al tribunale di Caifa e Anna, che però davvero ultimata solo
nel 1737) fu aperta al pubblico. Più di un musicologo (come ad
esempio Antonio Lovato delle Fondazione Ugo ed Olga Levi di Venezia)
ha ipotizzato che fu proprio questa Sinfonia vivaldiana una delle
musiche eseguite durante la benedizione per l’apertura di questa
cappella, quando i fedeli - in onore del Santo Sepolcro - si sono
portati a conclusione del rito, presso l’ultima tappa che vede la
preghiera al Sepulchrum Christi. Non vi è però alcuna diretta
testimonianza riguardo questa commissione o esecuzione, anche
perché, come si è detto, di Santi Sepolcri nell’Italia del nord ve
n’erano molti (e più in generale, il “portarsi avanti il Sacro
Sepolcro” signifi ca il concludere la processione della Via Crucis
davanti ad un tabernacolo nel quale era racchiuso il Santissimo
Sacramento, simbolo del corpo di Cristo spolto nella tomba) e non è
da escludersi che sia il titolo che l’esecuzione sia da ricondursi
ad altre occasioni liturgiche. Il carattere decisamente - e
stranamente - introverso di questa composizione dimostra la
straordinaria capacità di Vivaldi di cogliere sempre lo spirito
dell’occasione musicale, che sia essa festiva, liturgica o - appunto
- devozionale. Si ha la sensazione di instabilità emotiva, quasi ad
indicare che il sepolcro presso al quale ci siamo apprestati sarà di
lì a poco spalancato. Il lavoro vivaldiano emerge per il suo
linguaggio particolarmente teso e profondo che fi nisce per
immergere l’ascoltatore in un’atmosfera di grande cordoglio per il
dramma della passione di Cristo.
Giovanni Battista Sammartini (1701-1775)
Gloria in excelsis Deo in re maggiore, per soli, coro, archi e
continuo
Il rapporto con la Chiesa locale fu sempre assai
profi cua nella vita di Giovanni Battista Sammartini. Le sue prime
esibizioni musicali (insieme a quelli del fratello Giuseppe)
iniziarono proprio in una chiesa, quella di San Celso a Milano, una
dei santuari più antichi e belli del capoluogo lombardo. Fu per la
Congregazione del Santissimo Entierro, che presso questa chiesa
aveva sede, che Sammartini scrisse ben cinque cantate sacre, oggi
perdute. Nel 1726 fu nominato vice-maestro della Basilica di Sant’Ambrogio
(per poi diventarne maestro titolare nel 1728), e compose l’oratorio
Gesù bambino adorato dai pastori, rappresentato nella Chiesa di San
Fedele a Milano. Nel 1728, divenne maestro di cappella oltre che a
Sant’Ambrogio anche presso San Celso, posto che occupò per gran
parte della sua vita. Nel 1741 diresse una messa da lui stesso
composta per commemorare la morte del cardinale Benedetto Odescalchi
e l’anno successivo fu direttore della Chiesa di San Paolo de’
Barnabiti di Vigevano. A questi incarichi si aggiunga ancora quella
di maestro della Cappella Ducale di San Gottardo, ottenuta nel 1768.
Che la situazione della musica liturgica a Milano fosse
particolarmente fiorente (e socialmente assai sentita, almeno quanto
l’opera lirica) lo dimostra la straordinaria ricchezza di lavori
destinate alle numerose liturgie e al non esiguo numero di
compositori (oggi purtroppo non molto eseguiti) che lavorarono per
congregazioni, confraternite e chiese. Il Gloria in excelsis Deo
(che assomiglia in un modo impressionante al celebre Gloria
vivaldiano, tanto da far supporre che almeno uno dei due conoscesse
il lavoro del collega) è uno dei quattro che attualmente sono venuti
alla luce con attribuzione a Sammartini ed è uno dei tanti che si
trovano ancora allo stato di manoscritto nei ricchissimi archivi
milanesi (tra i tanti nomi i più conosciuti sono quelli di Antonio
Lotti, Andrea Luchesi, Giuseppe Gazzaniga, Carlo Monza, Saverio
Mercadante, Pietro Gnocchi, Simone Mayr, - c’è addirittura un Gloria
in excelsis di Gaetano Donizetti!) a testimonianza di una vivacità
musicale straordinaria attorno alla Chiesa Ambrosiana. Sammartini,
negli anni della sua maturità, era il compositore da chiesa più
famoso di MIlano: nel 1761 era maestro di cappella in ben 8 chiese
che, nel 1775, anno della sua morte, erano addirittura salite a 11.
Gloria in excelsis Deo
Et in terra pax hominibus bonae voluntatis. (coro)
Laudamus Te, benedicimus Te, adoramus Te, glorificamus Te,
Gratias agimus tibi propter magnam gloriam tuam,(soprano)
Domine Deus, Rex coelestis, Deus Pater omnipotens. (basso)
Domine Fili Unigenite, Jesu Christe,
Domine Deus, Agnus Dei, Filius Patris: (coro)
Qui tollis peccata mundi miserere nobis;(soprano)
Qui tollis peccata mundi suscipe deprecationem nostram, (coro)
Qui sedes ad dexteram Patris miserere nobis.
Quoniam Tu solus Sanctus, Tu solus Dominus, Tu solus Altissimus, Jesu
Christe, (tenore)
Cum Sancto Spiritu in gloria Dei Patris.
Amen.
Gloria a Dio nell'alto dei cieli
e pace in terra agli uomini di buona volontà.
Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti
rendiamo grazie per la tua gloria immensa.
Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente, Signore, Figlio
Unigenito, Gesù Cristo,
Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre:
tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi;
tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica;
tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi.
Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo: Gesù
Cristo
con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.
Accademia Musicale dell'Annunciata
CONVENTO DELL'ANNUNCIATA ABBIATEGRASSO
Via Pontida, 1
Abbiategrasso (MI)
E' stata la lunga e minuziosa opera di restauro condotta da Pinin
Brambilla Barcilon a riportare il Convento dell'Annunciata di
Abbiategrasso agli antichi splendori, dopo anni e anni di incuria e
fatiscenza. E così, quella chiesa e quei chiostri, fatti costruire
da Galeazzo Maria Sforza nel lontano 1469 per i frati Minori
Osservanti, oggi si mostrano in tutta la loro magnificente
raffinatezza, trionfando nel ciclo di affreschi che incorona
l'abside con le Storie della Vergine, datato 1519 e firmato dal
pittore caravaggino Nicola Mangone detto il Moietta, celebre
nell'ambito dei leonardeschi. Un'opera d'arte seppellita da tempo
sotto i bianchi intonaci e che ora rifulge di colore, pronta a
testimoniare la storia di un'epoca dalla straordinaria vivacità
culturale. Epoca in cui la cittadina alle porte di Milano divenne un
vero punto di riferimento. Del resto basta alzare lo sguardo e
ammirare le pitture, perfetta commistione tra una geometricità e
solidità di evidente stampo bramantesco e l'espressività nonché la
ricerca dei gesti quotidiani tipici dei grandi maestri
rinascimentali milanesi, fra cui Leonardo. [tratto
da... ]
MODALITA' DI UTILIZZO
Ufficio Cultura nella sede comunale di piazza Marconi 1, tel.
02.94692/292, fax 02.94692/564, e-mail
cultura@comune.abbiategrasso.mi.it